<1>

Sterminata si configura da subito la letteratura che dà conto dei viaggi compiuti in Italia, se nel 1691 Maximilien Misson, autore del celebre Nouveau voyage d'Italie, la dichiarava inclassificabile. In questo contesto si inserisce, a buon diritto, anche la letteratura odeporica dedicata a Genova prodotta nel XVII secolo di cui riporto alcuni significativi resoconti utili ad un approfondimento  [1].

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Il Seicento a Genova si apre con due visite importanti, seppur assai diverse fra di loro per motivazioni e protagonisti. Genova ospita nel primo decennio del secolo XVII il Cardinale Pietro Aldobrandini  [2] ,accompagnato dal suo illustre segretario Mons. Giovanni Battista Agucchi  [3] e successivamente il pittore P. P. Rubens.

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Il viaggio del Cardinale Aldobrandini è curioso e particolare. Giunto a Genova, nel 1601, dopo un’ambasciata a Parigi per quietare dissapori fra lo Stato di Francia e il Vaticano, il Cardinale o per meglio dire, il suo segretario Agucchi  [4], autore e non semplice compilatore del manoscritto  [5] descrive una città visitata per quattro giorni che ai propri occhi risulta una imponente e bellissima grande città metropolitana  [6] . È utile ricordare che, come appare da un’attenta lettura del manoscritto, la visita genovese non avesse nessun carattere ludico o di piacere ma nascondesse, neppur troppo velatamente, motivazioni politiche, ovvero fosse giustificata da incontri strategici con la ricca borghesia mercantile locale e con il clero dissidente radicato ormai sul territorio. Per questo motivo tale descrizione così puntuale della città e delle sue emergenze monumentali risulta essere peculiare e inaspettata. Va precisato che Mons. Agucchi fu noto cultore di arti, committente di Raffaello ed esperto di architettura, ciò giustificherebbe, in parte, il suo interesse verso le bellezze urbane che spesso sovrastano i testi di carattere politico ed economico per cui il diario venne stilato. Il diario, copiato in sette volumi-dono, uno per ogni delegato della corte  [7], si caratterizza per l’accurata descrizione dei luoghi. Esso fu compilato in parte in loco e, in parte, una volta tornato a Roma attraverso gli appunti inviati, sotto forma di epistole, al fratello dell’autore, anch’esso prelato, Girolamo  [8] ; il materiale venne poi ricopiato in vari volumi, riccamente e variamente decorati [9] dal prelato Giovanni Bandini, giovane assistente dell’Aldobrandini.

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Ma ritornando a Genova  [10] egli definisce la città tanto più bella (...) di quelle catapecchie di Provenza, visitate qualche giorno prima. Agucchi si sofferma sull’entrata trionfale a loro dedicata e sulla Laterna vero e primo elemento visivo di interesse cittadino  [11]: »la vista di un teatro di due miglia con una scena di habitationi magnifiche, (…) ad un canto il bastione della lanterna, e poi seguirono i baluardi della città posti appresso palazzo del principe Doria, (…).(c.87) «.

L’attenzione dell’autore si focalizza poi su un elemento di confine e margine  [12]: le mura. Mura altissime circondavano il porto e la città, così in pochi tratti pone un limite alla vista e circoscrive anche la visuale del lettore contemporaneo. Si sofferma in seguito, come prevedibile conseguenza della sua visita, sulla Cattedrale, »tutta apparata di panni rossi bellissimi« e in cui si recherà anche il giorno successivo per vedere »le ceneri che si conservano di San Giovanni Batista, in una Cassetta d’argento, con alcuni pezzi d’osso e li hano anche mostrato quel catino di gioie famoso, importante e imperdibile emergenza monumentale degna di visita, poi proseguono per la casa preparatagli dalla Signoria  [13] (…) uno dei palazzi di Strada Nuova, non de’ maggiori ma d’ più belli. (…) Egli è del Signor Arrigo Salvago  [14] cortesissimo« e di sui ci fornisce una dettagliata descrizione degli apparati, assai più importanti e meritevoli di nota di tanti altri monumenti che Agucchi deve aver sicuramente visitato: »la sala dei velluti rosso con ori et tre camere seguite di broccati (..) con baldacchini simili, ma un in specie che fu della Regina madre. (…) I tavolini sono di hebano e avorio, (…) le credenze cariche di vasi dorati (…) torcieri grandi d’argento.(c.90) «

La visita genovese è a tal punto ricca di avvenimenti che il nostro ci riassume a fine paragrafo le attività svolte dalle ore 17 del Sabato alla sera del martedì. Fra i tanti impegni spicca la visita presso le monache della chiesa di San Leonardo, luogo marginale e quasi mai inserito negli itinerari cittadini dell’epoca, della quale riferisce: »chiesa posta nella più alta parte della città (...) vi fu invitato da loro per sentire la loro musica, in particolare quella di una monaca figlia del Musico Ferabosco  [15] ma soprattutto per vedere il corpo et sito della città medesima ed il teatro della superba valle del Betargo  [16] .(c.90) «

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Nelle descrizioni dell’Agucchi che riprenderanno i viaggiatori del Grand Tour  [17] , si fa menzione anche degli aspetti più squisitamente antropologici e di costume.

Agucchi pone l’accento sulla parsimonia dei genovesi mettendo in evidenza la loro abitudine a scambiarsi gli oggetti: »Sua Altezza  [18] non havrebbe veduto grand’apparato in casa del Principe, (…) erano cose prestate, perché i genovesi in tali occasioni erano soliti prestarsi le robbe.(c.91)«

In seguito indugia, come già Paschetti  [19] e in modo poco consono a un prelato, sulla bellezza delle donne genovesi: »donne pulcherrime, come mai prima, con panni delicati e poco avvezze all’imbellettamento (…). Ballano in maniera divina (…).(c.92)« Agucchi apre dunque una corrente di visitatori che da ora in poi vedrà in Genova una tappa amata seppur non prediletta  [20].

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A Rubens dobbiamo invece la prima descrizione »scientifica« dell’urbanistica genovese. Come egli stesso asserisce, in italiano, in varie lettere all’amico Dupuy: »era stato più volte a Genova, terra grossa  [21] « Rubens giunge per la prima volta a Genova nel 1604, di ritorno da un viaggio diplomatico in Spagna, per volere di Vincenzo Gonzaga, duca di Mantova. Qui viene presentato ad Ambrogio Spinola, governatore militare delle Fiandre.

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L’abitudine a riportare su carta opinioni sulle città visitate è molto comune da parte di pittori e architetti in questo periodo e in ogni angolo di Europa. A scopo puramente esemplificativo possiamo, infatti, ricordare la pubblicazione a Tubinga nel 1603 della descrizione di un viaggio intrapreso nel 1599-1600 dal duca Federico I di Württemberg, strutturata sulla base del diario tenuto dall'architetto di corte del principe, Heinrich Schickhart von Herrenberg  [22] . In quel testo, stampato a Lipsia nel 1627 a cura di Johann Wilhelm Neumair von Ramssla, Genova viene descritta come un imponente porto di mare e percepita come città di commerci; il contenuto è strutturato come una guida di viaggio per l'Italia e la Spagna, nell'ambito di un »Itinerario Europeo«.

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Ma tornando a Rubens, egli si trova dunque a Genova nell'estate del 1606 ospite di Ambrogio Spinola. Lì esegue il ritratto della moglie del suo ospite, al quale seguiranno molti altri destinati alla classe dirigente genovese  [23] . La presenza di Rubens a Genova nel primo quarto del Seicento coincide con la stagione di massimo splendore del patriziato locale, composto per la maggior parte da banchieri di recente nobiltà, ma dotati di disponibilità finanziarie immense. Ambizione, gusto raffinato e sapiente politica d’investimenti concorrono in quegli anni alla nascita di collezioni artistiche straordinarie, in grado di competere con quelle dei maggiori sovrani europei dell'epoca. È l’età in cui la città conosce il massimo splendore economico e il periodo in cui si vanno affermando, con grandi possibilità finanziarie, facoltose famiglie giunte da poco al patriziato.

Per glorificare la propria persona e la propria “dinastia”, chiamano famosi architetti a edificare palazzi sontuosi come regge che divengono lo scrigno di ricche collezioni d’arte.Rubens, colpito dallo splendore architettonico genovese, ne celebra la magnificenza e l’efficienza nel fortunato volume di incisioni.Tutti i palazzi incisi da Rubens sono compresi nei Rolli degli alloggiamenti pubblici istituiti dal Senato della Repubblica nell’anno 1576  [24]. Si tratta dell’elenco di quelle dimore aristocratiche scelte ufficialmente per accogliere gli ospiti forestieri e il loro seguito in visita di Stato. I palazzi sono divisi in tre categorie in base al loro livello di pregio architettonico e di lusso; a ogni categoria corrisponde un diverso grado di dignità degli ospiti: ambasciatori, dignitari, principi, sovrani, papi e imperatori. Di volta in volta è un sorteggio a stabilire quale dimora dovrà assumersi l’onore e l’onere dell’accoglienza  [25].

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Rubens rimane, dunque, impressionato dall’eccezionalità di questa rete di dimore e dall’estremo grado di comfort abitativo che le contraddistingue, tanto da proporle come modello da imitare in tutta Europa nella ormai celebre serie di incisioni intitolata I Palazzi di Genova. Senza volerci addentrare nell’argomento per il quale rimando ai noti contributi di Poleggi e Boccardo  [26] e alla bibliografia di riferimento, va però precisato che lo stesso Rubens, nell’introduzione alla prima edizione del 1622, dichiarò »di fare un'opera meritoria verso il ben publico di tutte le Provincie« Oltremontane. In questo caso Rubens ci delinea una sua personale >formazione dell’immagine<  [27]. L’immagine ambientale è il risultato di un processo reciproco tra l’osservatore e il suo ambiente. L’ambiente suggerisce distinzioni e relazioni, l’osservatore seleziona, organizza e attribuisce significati a ciò che vede. Un’immagine ambientale può venire analizzata in tre componenti: identità, struttura e significato. Nel caso di Rubens le incisioni dei palazzi suggeriscono un percorso che identifica la città con un significato e un modello di uso assai preciso. È utile, dunque, dividere le tre componenti. Un’immagine funzionale richiede innanzitutto l’identificazione dell’oggetto, il che implica la sua distinzione da ciò che non c’è. Il suo riconoscimento come unità separabile. E proprio i palazzi dei Rolli, in particolare quelli di Strada Nuova o Via Aurea, ne sono un esempio.

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Rubens convince i suoi connazionali che i parametri della cultura abitativa nordica - buon gusto e comodità - non contraddicevano affatto la cultura neorinascimentale italiana. Tale considerazione verrà ripresa quasi due secoli dopo anche dal filosofo francese Charles-Louis De Montesquieu che ammetterà, finalmente, discostandosi dalla comune opinione, che i palazzi genovesi devono essere analizzati nel loro insieme che comprende sia l’esterno sia gli interni. Inoltre si soffermarà nel sottolineare come gli edifici siano sfruttati in ogni loro spazio al fine di poter ottenere il massimo guadagno. In qualche modo si avvicinerà quindi, all’idea di Rubens che nelle sue note planimetrie voleva mostrare l’abile utilizzo di ogni angolo:

<11>

»Non c’è niente di più bugiardo dei loro palazzi: di fuori, una casa superba, e dentro una vecchia serva che fila. Se nelle case più illustri vedete un paggio, è perché non ci sono domestici. Invitare qualcuno a pranzo è a Genova una cosa inaudita. Quei bei palazzi sono in realtà, fino al terzo piano, magazzino per le merci. Tutti esercitano il commercio, e il primo mercante è il Doge. Tutto questo rende gli animi della gente assai bassi, anche se molto vani.

Hanno palazzi non perché spendano, ma perché il luogo fornisce loro il marmo. Come ad Angers, dove tutte le case sono coperte di ardesia.  [28] «

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Rubens impone un’immagine personale, o per meglio dire un percorso, fruibile anche oggi nell’ambito del museo diffuso, che costituisce l’elemento principale da lui evidenziato. I suoi connazionali, o chi ha visionato il libro, una volta a Genova osservano la città mentre si muovono lungo un percorso definito (da Rubens) e gli elementi ambientali (i palazzi) sono disposti e selezionati lungo questi itinerari. Rubens organizza e suggerisce involontariamente un percorso definito e, per così dire, obbligatorio per tutti i viaggiatori che diventerà un topos fino al XIX secolo, ovvero fino al drastico cambiamento dei percorsi determinato dal piano urbanistico di Carlo Barabino  [29]. In questo periodo una parte dei tracciati rimarrà immutata anche grazie ai limiti orografici noti, ma soprattutto per questioni politiche che soffocano la capitale della Repubblica.  [30].

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Sia la visita dell’Agucchi sia la descrizione rubensiana dei palazzi genovesi mettono in luce i seguenti aspetti e concetti: 1)La visione complessiva. Così come Lynch più volte riferisce, la città è un insieme di elementi che possono essere letti separatamente o in un contesto d’insieme. Quest’ultima metodologia di lettura, assai più generale, fornisce una suggestione tale da influenzare l’osservatore in modo definitivo. Punti di visione privilegiati sono, per Genova, il mare e la collina. Agucchi vede la città dal mare e la cita come un fitto assembramento di case e palazzi. Rubens, da monte, definisce e mostra, in completa antitesi, quell’apertura e quell’abbraccio verso il mare che fa di Genova luogo di magnificenza, splendore e zona di transito verso il resto del mondo. Se riflettiamo tale concetto di visione complessiva dal mare è alla base delle motivazioni che hanno spinto, in epoca recentissima, alla costruzione presso il molo del noto ascensore panoramico Bigo.

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2) Il luogo riscoperto. Con riferimento al Bisagno, Agucchi per primo analizza le periferie urbane, e mostra come alcuni luoghi possano, nel corso dei secoli, aver cambiato aspetto e funzione ma soprattutto esser stati oggetto di un drastico cambiamento di valutazione. In questo caso il corso di quel torrente, allora luogo ameno, territorio privilegiato della ricca nobiltà e della borghesia fino al XIX secolo, appare oggi territorio periferico e industriale, figlio di quel movimento che nella prima metà del Novecento privilegiava, non senza il rimprovero di molti  [31], l’aspetto economico a quello della valorizzazione e della conservazione.

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3) Il luogo fuori dai circuiti tradizionali e il gusto personale Esistono, seppur mai codificate, e come vedremo soprattutto in pieno XVIII secolo, un serie di strade quasi obbligatorie che i visitatori sono portati a percorrere per visitare Genova. O, perlomeno, alcune specifiche emergenze che i viaggiatori tendono a descrivere quasi più per moda che per reale interesse. Agucchi mostra come tali percorsi possano essere diversi. San Leonardo di Carignano e la zona del Bisagno si costituivano come punti di approccio differente alla formazione della città. Il gusto personale, evidentemente non influenzato da nessun precedente viaggiatore, ma dalle letture e dagli interessi eruditi dell’Agucchi, in particolare in campo antiquario e di arredo, fanno sì che il Ms sia una bella descrizione di apparati. È il caso di Palazzo del Principe Doria, dove ricorda:» in particolare una camera con paramento e letto di velluto leonato riccamente d’oro con le figure come colonne delli primi dodici imperatori (…) et le loro medaglie (…) con disegni di buona mano. L’Argenteria era tutta dorata (…) e fattura alla spagnola. L’istesso abbiamo osservato nel nostro alloggiamento.«

Vi è però, come accennato in precedenza, un unico episodio che modifica sostanzialmente il paesaggio urbano o, per meglio dire, la sua immagine ambientale. Si tratta di una serie di opere pubbliche che il Governo riesce a realizzare, in breve tempo, intorno agli anni Quaranta del XVII secolo con l’appoggio di tutta la collettività: le Mura nuove  [32] .

<16>

Se per un’analisi di tipo urbanistico rimando ad alcuni noti contributi  [33], è tuttavia utile soffermarci sulle problematiche e le conseguenze visive che questa costruzione ha prodotto. Tali conseguenze possono essere così sintetizzate: ampliamento del territorio urbano per i cittadini, modifica dell’assetto urbano, parziale variazione del punto di visuale e dell’immagine ambientale. È necessario ricordare che Lynch definisce, a grandi linee, una città come una costruzione nello spazio, ma di scala enorme, un artefatto che è possibile percepire nel corso di lunghi periodi di tempo. Ogni cittadino ha continue associazioni con qualche parte della sua città e la sua immagine è imbevuta di memorie e di significati. Gli elementi mobili, e particolarmente le persone e le loro attività, sono in una città tanto importanti quanto gli elementi fisici fissi. Pertanto, risulta fondamentale rilevare come la costruzione delle nuove mura abbia modificato l’assetto della città sotto vari aspetti. Contrariamente ai costumi locali, la costruzione delle mura porta, da parte del Governo, a promuovere un’apposita campagna politica che comporta un’orgogliosa descrizione dei manufatti difensivi cittadini, oltre ad un’aggiornata elaborazione da parte dei cittadini e degli stranieri che tornano a Genova dopo alcuni anni dell’ immagine della città e del suo territorio.

<17>

Vengono commissionate varie piante prospettiche, sia a stampa sia dipinte, in particolare si ricordano quelle del pittore Sebastiano Odone degli anni 1634-35, e quella di Andrea Ansaldo commissionata appositamente per Urbano VIII incuriosito dalla fama diffusasi sul territorio italiano. Da parte del Governo vi è l’intenzione di riaffermare Genova come città stato, di utilizzare il nuovo assetto urbano, o per meglio dire, quest’ampliamento e rinvigorimento dell’apparato difensivo quale nuovo simbolo della città, non più luogo di palazzi ma territorio con una sua valenza politica simboleggiata dalla lineare figura geometrica che la circonda. Già nel 1614, la vecchia cinta di mura permetteva di percepire una città suddivisa in due macro sezioni, quasi due paesi separati, così, infatti, riporta l’ormai anziano l’astronomo francese Jean Tarde:

<18>

»Domenica 2 novembre siamo arrivati a Genova di buon mattino e, giungendovi, abbiamo verificato come vero ciò che si dice di Genova: ovvero che ci sono due Genova, una dentro la città, l’altra fuori. Infatti noi abbiamo visto così tanti edifici magnifici e così tante ville di campagna lungo il nostro cammino o non molto distanti da esso, che, se tutto ciò fosse riunito, si farebbe facilmente un’altra Genova, così bella e così superba come quella che è circondata dalle mura.«

<19>

L’autore non si dimentica di enunciare gli edifici monumentali visitati: »Lunedì 3 novembre abbiamo visto il palazzo dei marchesi Spinola, le ville del principe Doria con le loro fontane, rifugi, giardini, panoplie, voliere, terrazze, gallerie…  [34] «

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La città è, dunque, da sempre riconosciuta come città di mura e palazzi. Ma il nuovo progetto per la cinta muraria ne vuole cambiare drasticamente l’assetto. L’intenzione, in parte fallita, dimostra come le teorie di Lynch possano essere applicabili in qualsiasi contesto e periodo storico. Infatti esistono tempi assai lunghi per assimilare nuove informazioni e per modificare l’immagine ambientale che si ha di un territorio e ciò può essere solo in parte veicolato da un nuovo apparato illustrativo.

<21>

Genova rimane tuttavia città di palazzi ancora nel 1644, a quasi dieci anni di distanza dalla grande impresa muraria; il viaggiatore John Evelyn definisce la città come una delle più belle, superbe e ricche di palazzi splendidi  [35], ricalcando, quasi pedissequamente l’opinione espressa quasi trenta anni prima dallo scrittore anglosassone Fynes Moryson, che così riportava:

<22>

»Mentre ci si avvia dentro la città e prima di entrarne alle porte v'è il suntuoso palazzo di Andrea d'Auria (Doria). L'edificio stesso, il giardino, le scale digradanti al mare, la sala dei banchetti e diverse pinacoteche sono di magnificenza regale. Le strade sono strette, i palazzi eretti magnificamente, con marmo e le altre costruzioni di pietra libera, a cinque o a sei piani e le finestre sono vetrate cosa rarissima in Italia. Le vie sono lastricate con silice e le case dei sobborghi sono quasi belle come quelle cittadine  [36]

<23>

È pur vero che, nel caso di Evelyn, l’interesse per l’arte non porta mai l’autore a trascurare il paesaggio naturale, anzi, gli aspetti paesaggistici e sensitivi assumono spesso un posto di primo piano, soprattutto nelle pagine dedicate alla Riviera Ligure, a Genova e a Napoli, nelle quali Evelyn parla affascinato non solo delle bellezze naturali, ma anche dei profumi sparsi nell’aria. E’ proprio l’amore per l’arte e per la natura che fa di Evelyn un precursore dei romantici e che spiega la grande fortuna del suo diario nel XIX secolo  [37].

<24>

Anche nel noto romanzo di ambiente genovese La Rosalinda di Bernardo Morando (1650), il protagonista Edmondo, pur avendo visto le mura e il porto nuovo, commenta positivamente esclusivamente »quelle nuove strade formate da numero innumerabile di Palagi e, con un’eco ad Agucchi: le feste (..) che con nobilie giocondissimi trattenimenti sogliono praticarsi  [38] .« La città di Genova è l'autentico nodo del romanzo; tutto si muove all’interno di essa, ogni situazione la presuppone nella sua inalterabilità in quanto solo in essa si può realizzare l'ideale esistenziale dei personaggi, che è poi la coscienza stessa del Morando. La Repubblica è l'oasi di pace in cui l'animo tormentato si rasserena, è il simbolo monumentale della libertà oltre che dell'ordine sociale e religioso, e la testimonianza dei successi di una classe dirigente che ha reso grande la città attraverso l'esercizio della negoziazione: »Siede alla Porta d'Italia questa Reina del Mare, ornamento d'Europa, a fronte dell'Africa: e stendendo le sue fertilissime Riviere, quasi nerborute sue braccia, uno a Levante inverso l'Asia, l'altro a Ponente verso l'America, pare che di tutte quattro le gran Parti del Mondo si mostri degna d'aver l'Impero, come da tutte intanto a sé tragge i tesori  [39]

Viaggio in Liguria

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Sinteticamente, la visita alla città nel XVII secolo iniziata con Agucchi prosegue con quella di Sir Charles Somerset che nel 1612-1613 nel suo taccuino di viaggio annota alcune interessanti considerazioni sulla bellezza di Genova, in particolare sui suoi giardini  [40] , quello di Villa Doria in primis, del quale sottolinea la valenza architettonica e la ricchezza botanica, confermando così il giudizio che prima di lui aveva stilato il padre, noto esperto di botanica, Edward Conte di Worcester.

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Del 1607 è invece la descrizione della città opera di Gio Vincenzo Imperiale, illustre genovese  [41] . Egli propone sulle pagine de Dello Stato Rustico  [42] , come già osservato da Augusta Lopez-Bernasocchi, descrizioni oniriche con veri e propri riferimenti a Genova, offrendone un percorso alternativo nel quale esclusivamente un cittadino può orientarsi  [43] . In particolare ci rammenta la grandiosità dell’Accademia de’ Mutoli  [44] , di cui lo stesso Imperiale era socio, e lo splendore della città di palazzi: »Appresso i sogni di Clitio, i suoi rivela Euterpe, nell’Accademia de’ Mutoli in Genova rappresentati. (…) nel cammino incontra bellissima Villa, che sontuoso Palagio accompagna (…)  [45] «.

<27>

Si passa poi alla visita, ormai codificata e codificante, di J. Furttenbach del 1627 con il suo Newes Itinerariu Italiae  [46] che, partendo da descrizioni riguardanti tornei e processioni, si trasforma in un percorso disciplinato che prende spunto da precedenti illustri quali, primo fra tutti, il Mercurius Italicus, edito da J. H. Pflaumern nel 1615. Quest’ultimo venne più volte ristampato per i forestieri seicenteschi che visitavano l’Italia per farne un breve prontuario, un percorso definito su ciò che vale la pena visitare nel Bel Paese  [47] .

<28>

La produzione italiana e straniera di guide, in particolare di sapore storico ma con una spiccata propensione alla descrizione storico artistica del territorio, e pratiche carte di orientamento si arricchisce, in questi anni, sempre più. Di questo periodo, infatti, è la realizzazione della bellissima carta geografica del territorio della Liguria e dell'Appennino ligure, tratta dall'Atlante "Italia di Gio. Ant. Magini Data in luce da Fabio suo figliuolo al Serenissimo Ferdinando Gonzaga Duca di Mantoua e di Monferrato" opera dell’incisore e cartografo Giovanni Antonio Magini, e la coeva (1648) e simile opera del cartografo olandese Willem Blaeu  [48] . Si intensificano, altresì, le descrizioni della città legate ad avvenimenti sociali e storicamente noti come la peste nel Li lazaretti della città e riviere di Genova del MDCLVII … del Padre Antero Maria da S. Bonaventura. Nel 1657 l'Italia e la Liguria in particolare vennero colpite da un'epidemia di peste. L'opera dell'Antero (al secolo Filippo Micone 1620 - 1686) esamina l'organizzazione della sanità pubblica a Genova e in Liguria, descrivendo i lazzaretti di Genova e in particolare i suoi enti religiosi in vari luoghi liguri: Savona, Pontedecimo, S. Pier d'Arena, Voltri, Pegli, Recco, Chiavari, Voltaggio, Novi, Montobbio, Savignone. Antero si dilunga nel descrivere la nascita e lo sviluppo del contagio a Genova e descrive la struttura e il personale del lazzaretto: il medico, lo speziale, l'infermiere, il provveditore, il dispensiere, i chirurgi, il cuoco, le balie, le lavandaie ecc. Il testo è un vero e proprio quadro della struttura sanitaria dell’epoca.

<29>

Ma tornando alle reazioni dei viaggiatori, in ambito anglosassone debbono essere menzionati i soggiorni genovesi di John Raymond  [49] del 1647, di Sir Thomas Abdy del 1635 e di Richard Lassels del 1670, che giungono in città dal mare e ne rimangono indubbiamente affascinati  [50] . Il diario di Sir Thomas Abdy (1612-?), che viaggiò sul continente tra il 1633 e il 1635, è scritto in un francese reso particolare dall’uso frequente di anglicismi e latinismi. La prima parte, nella quale fornisce informazioni sulla Francia, dove soggiornò fra giugno e settembre del 1633 visitando le città più importanti, non ha nulla di originale. La seconda parte, dedicata all’Italia, dove rimase per circa due anni, risulta invece molto vivace. Abdy raggiunse l’Italia dal mare partendo da Marsiglia; Genova e il paesaggio circostante lo colpirono in modo particolare e le descrizioni, soprattutto dei palazzi e dei giardini, lasciano a volte trasparire una forte emozione. La visita a Genova interessò Abdy a tal punto da indurlo ad acquistare alcune opere della collezione Negrotto  [51] .

<30>

Il prete cattolico Richard Lassels (1603? - 1668), invece, visitò l’Italia cinque volte tra il 1637 e il 1668. The Description of Italy, un testo manoscritto del 1654 relativo al suo secondo viaggio, conservato presso la National Library of Scotland Advocates e pubblicato solo nel 1985, può essere considerata un’anticipazione di The Voyage of Italy, che uscì postumo nel 1670  [52] . L’opera di Lassels è giudicata forse la migliore tra le guide inglesi per l’Italia redatte nel corso del Seicento  [53] . Il volume ebbe grande successo anche durante il secolo successivo  [54] e fornì la base per la stesura dei libri di viaggio di molti altri autori, tra i quali John Clenche  [55] . Le informazioni sui luoghi, anche con riferimento a Genova, sono sempre accompagnate da notizie storiche, minuziose informazioni topografiche, citazioni da autori classici e moderni, riferimenti ad altri libri di viaggio da consultare per avere maggiori dettagli, tra cui lo stesso Raymond  [56] , frequenti aneddoti e qualche battuta di spirito. Molto accurate sono inoltre le descrizioni delle chiese e di tutto ciò che in esse è contenuto  [57] , e frequenti le riflessioni di carattere religioso volte a esaltare i meriti della Chiesa. La forte elaborazione e la profonda erudizione, che caratterizzano l’opera, la rendono forse più idonea alla lettura che non a un uso pratico, e Lassels mostra di essere chiaramente consapevole delle diverse possibilità di utilizzo del Voyage in un passo in cui dichiara di rivolgersi sia a un pubblico di viaggiatori che a un pubblico di lettori  [58] .

<31>

Del 1675 è, dunque, il viaggio dell’anglosassone John Clenche che riassume nel suo A Tour in France and Italy, Made by an English Gentleman, 1675,  [59] l’eleganza narrativa di Raymond e l’erudita elaborazione di Lassels, discostandosene però per sinteticità e sistematicità, e anticipando le guide moderne. La tappa genovese è breve ma ben sintetizza le principali emergenze monumentali degne di nota, fra cui spiccano, come sempre, la Cattedrale e i palazzi di strada Balbi. Anche in ambito italiano iniziano ad affermarsi descrizioni e prontuari che anticipano le più moderne guide. Ad esempio possiamo ricordare La guida sicura del viaggio in Italia di Savelli del 1680 che cita Genova e ne descrive i possedimenti e i principali luoghi d’interesse  [60] . A Genova viene poi data alle stampe nel 1692 la prima versione dei noti Saggi cronologici che rappresentano, come già anticipato in precedenza, la versione genovese che precede la stesura delle successive guide artistiche.

<32>

Prima di questi l’opera più similare a una vera guida poteva considerarsi esclusivamente la Descrizione di Genova  [61] a firma del Conte Gualco Priorato, edita a Genova nel 1668, in cui l’autore delineava la situazione politica e di dominio della Repubblica senza però escludere l’enunciazione dei principali luoghi di interesse culturale. L’opera è seguita, per spirito e struttura, a firma del medesimo autore, dalla più nota Relationi delle città Bologna, Fiorenza, Genova, e Lucca, con la notitia di tutte le cose più degne, e curiose delle medesime...  [62] del 1675 in cui Priorato approfondisce gli aspetti più squisitamente artistici della città ma preceduta dall’ Itinerario overo nuova descrittione de' viaggi principali d'Italia di Francesco Scotto del 1650, che fornisce una dettagliata descrizione della città e delle sue bellezze artistiche fra cui spiccano la Chiesa gentilizia di S. Matteo e i Palazzi rappresentativi del potere: »S. Matteo parimente, ch'è de'Signori Doria, ancor che piccola Chiesa, di dentro è ornatissima di stucco a d'oro, e dipinta da Pittore eccellente, il Palazzo Publico della Signoria non è finito, che é folle compito, si potrebbe annoverare tra i più grandi e più belli d'Italia. Magnificamente ornato di quell'incrostatura di marmi che s'è voluto di far nel Palazzo di S. Giorgio (…). La Loggia coperta di bianchi marmi, ha del magnifico (…)  [63] «

<33>

Opera coeva il Mercurio veridico, overo Annali universali d'Europa di Giovanni Battista Birago Avogaro (1650), che però si concentra esclusivamente sulle vicende della Repubblica descrivendo i palazzi del potere solo in funzione della veridicità storica. Degli stessi anni è la prima versione della Relazione di Genoa, Suoi diversi Stati, ultime differenze, ed aggiustamento con la Corona di Francia di Casimir Freschot che nel 1685 descrive la città e i suoi cambiamenti politici  [64] .

<34>

Il secolo si conclude, per quanto concerne le fonti principali, con due pubblicazioni di diari che anticipano i modi del Gran Tour. Il primo esempio è A new journal of Italy del 1691. Si tratta di un breve resoconto in settantotto pagine redatto da William Acton  [65] in cui l’autore si sofferma, per alcune pagine, su Genova descrivendone gli aspetti più pittoreschi nonché, senza discostarsi dai suoi predecessori, la ricchezza e magnificenza delle strutture architettoniche: »In Genova we saw a great many churches, very rich, and their structure very noble (…) we saw several noblemens palaces but in particolar that of Seignior Dalbi (Balbi) where amongst other fine things (…).« Il secondo è il più noto Voyage en Italie - Diarium italicum: un journal en miettes dello storico francese Dom Bernard de Montfaucon che, nel 1698 con dovizia di notizie storiche e artistiche talvolta errate, riporta:

<35>

»Venerdì 27 giugno 1698 … Salutammo da lontano Finale e Savona. Vedemmo la punta settentrionale della Corsica. Il vento verso sera aveva perso tutta la sua forza e noi eravamo pressoché fermi. Fummo obbligati a rimorchiare l’imbarcazione con la scialuppa per giungere a Genova. Entrammo nel porto di questa città la mattina di sabato 28. Alloggiammo alla Croce Bianca, dalle parti dell’Annunziata. La sera ci fecero vedere la piccola chiesa di San Pietro … Domenica 29 andammo a dir messa a Santa Caterina … Il monastero è ben costruito e la chiesa è molto bella. … Lo stesso giorno visitammo la chiesa dell’Annunziata: magnifica, straordinaria; è circondata di pilastri rivestiti con bei marmi screziati, le altre decorazioni e i dipinti sono opera dei migliori artisti italiani. Le chiese di Genova sono estremamente belle all’interno, mentre all’esterno sono molto semplici. La cattedrale-duomo è goticheggiante, essa ha circa 5 secoli, costruita in marmo bianco e nero non è molto grande, ma è molto bella.… Verso sera … andammo a vedere il sobborgo di San Pietro (Sanpierdarena) che è molto bello, con le sue ville che appartengono ai principi, ai senatori e ai più ricchi borghesi della città. Passammo ai piedi di un faro, un’alta torre bianca, costruita dai francesi, quando dominavano su Genova « (ndr. confonde la Lanterna con la fortezza preesistente, quella sì eretta, per dominare la città ribelle, da Luigi XII nel 1507 ma demolita nel 1515)  [66] .

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Sempre in ambito francese vengono invece pubblicati vari resoconti di viaggio che latamente toccano Genova. Nel 1679 a Parigi Grangier de Liverdis dà alle stampe un breve giornale di viaggio, Journal d'vn voyage de France et d'Italie, fait par un gentil-homme francois, l'annee 1661 ... in cui descrive l’orografia genovese. Preceduto dal volume di Henry Conde Voyage de monsieur le prince de Conde en Italie  [67] del 1666, che contiene un breve riferimento al porto di Genova e alla sua valenza commerciale e politica nonché alcuni accenni di ammirazione ai giardini di Palazzo del Principe e Palazzo Di Negro  [68] . A Lione, invece, nel 1699 viene pubblicato un approfondito resoconto di viaggio Nouveau voyage d'Italie contenant une description exacte de toutes ses provinces,villes, & lieux considérables, ... Avec les routes, et chemins publics pour y parvenir, la distance des lieux, ... l'origine et fondation des villes, les reretez di Francois Deseine in cui vengono delineate, in poche pagine, la storia e la struttura della città di Genova, con un occhio di riguardo sempre alla grandiosità dei palazzi, elemento distintivo fra le classi sociali e non mero orpello artistico.

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In generale, per quanto apprendiamo dalle fonti, se la visione complessiva della città risulta, in parte, invariata e imbrigliata in un percorso ben definito, tutt’altra cosa è la questione viaria interna. La città, in particolare verso la metà del XVII secolo necessita di un adeguamento strutturale e funzionale che permetta una più rapida ed efficace circolazione. Ciò viene percepito, in egual misura, dal cittadino così come dal visitatore straniero. Non è un caso, quindi, che anche relazioni più spiccatamente di argomento politico e militare, inviate da ambasciatori e delegati alle principali potenze europee, riportino notizie riguardanti la difficile viabilità e orografia locale che, spesso, può compromettere lo sviluppo, allora come ora, dell’economia cittadina. Di questo parere è l’Ambasciatore di Francia a Genova che in una sua relazione manoscritta riferisce: »città dura a difficile, come le sue montagne cui è arroccata  [69]

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Da qui nascono le prime proposte di una diversa razionalizzazione della viabilità di attraversamento fra i nuovi punti di aggregazione urbana: unire le due strade Nuova e Balbi (1615); aprire una carrettiera da San Domenico ad Albaro; ammodernare il collegamento fra Palazzo Reale (Ducale) e piazza Sarzano, luogo di ripetuti cortei ufficiali; progettare una strada di attraversamento che dalle mura delle Grazie e di Carignano prosegua per San Tomaso per facilitare, da un lato, il trasporto rapido delle artiglierie, dall’altro, seppur meno importante, il passaggio dei forestieri che non avrebbero modo altrimenti di cogliere le bellezze cittadine nel loro insieme (1666). Tali opere si vedranno compiute solo in parte, esclusivamente tra la fine del secolo e l’inizio del successivo. Importante rilevare però, a dimostrazione di un forte radicamento urbanistico e sintomatico di una certa staticità tipica dei genovesi, che al 1656, risale da parte dei Padri del Comune la richiesta fatta a otto architetti di creare una pianta della città che, nel limite delle mura, sintetizzasse chiaramente la situazione cittadina dal punto di vista urbanistico  [70] . La coerenza architettonica appare ben definita attraverso il segno sottile che delimita gli isolati, i nomi delle chiese e degli edifici privati, e che mostra un’officina architettonica e uno spazio pubblico tuttora dominati dal ritmo spezzato dei vecchi percorsi medievali. Degli stessi anni è poi la cospicua realizzazione di grandiose opere di assistenza che vede quale esempio più significativo la realizzazione, in zona antistante e sopraelevata Strada Balbi, dell’Albergo dei Poveri  [71] , organo assistenziale, strumento di prevenzione per donne, bambini e anziani poveri e malati e che da lì in poi sarebbe diventato meta prediletta dei viaggiatori.

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Se nella prima metà del XVII secolo Genova tenta di fornire una risposta parziale di assistenza e ricovero controllato, è a partire dagli anni ‘60 del secolo che con una consistente crescita demografica  [72] la città o, per meglio dire, quella ricca categoria di artigiani ormai benestanti si vedono costretti a porre delle sostanziali modifiche all’oggetto città, nello specifico, a formalizzare un lungo processo di stratificazione urbana che tenderà ad occultare quanto resta di originario della Genova medievale  [73] . Si procede, inoltre, tipica caratteristica architettonica genovese, a estensioni in altezza e a precari soppalchi. S’iniziano a segnalare e denunciare, presso i Padri del Comune, casi d’inagibilità. Situazioni di rovina e di pericolo dovute alla mancanza di manutenzione da parte dei ricchi proprietari che affittano gli immobili. Un sicuro rinnovamento edilizio viene incentivato dal drammatico bombardamento navale inflitto dalla flotta di Luigi XIV nel maggio del 1684  [74] . La necessità di recuperare spazi utili incentiva sia la costruzione di edifici in zone poco frequentate quali la collina di Castello  [75] sia sopraelevazioni anche nei palazzi di Strada Nuova. Si riprende il progetto di unire con una strada più ampia Palazzo Reale (Ducale) con Piazza Sarzano di cui i Padri del Comune avevano già discusso qualche anno prima (1636).Questo progetto avrebbe rappresentato un moderno percorso, nell’accezione lynchiana del termine, luogo di cortei ufficiali, ma realizzato solo in parte viene dichiarato opus publicum nel 1687 e affidato all’architetto Gio Antonio Ricca padre, che risulta anche essere interessato, in veste di imprenditore, alla ricostruzione di alcune case di sua proprietà presso piazza dei Tessitori. Lungo il nuovo asse si costruiscono vari tipi di case, ma se sull’argomento rimando ai noti contributi di Ennio Poleggi  [76] , è utile ricordare che là venne costruito per volere del nobile Nicolò Pallavicino, sull’area di antichi lotti medievali, il teatro di San Agostino, ultimato nel 1702 [77], nodo cittadino fondamentale della città fino alla costruzione del teatro Carlo Felice del 1828 e della relativa strada. Sant’Agostino, nodo cittadino, nell’accezione lynchiana, diventa anche un momento di svolta fra un XVII secolo caratterizzato da un processo di rinnovamento frammentario e l’inizio del XVIII che prelude a una concretizzazione organica d’idee e a una realizzazione efficace di progetti, vista nel secolo precedente esclusivamente nel compimento di piani di lavoro di natura ecclesiastica nella zona fra le due mura (Convento della Chiappela, 1659; Nostra Signora di Loreto, 1653) e nel centro cittadino (San Filippo, 1674; Scuole Pie, San Camillo e Santa Croce, 1667; Madre di Dio della Marina, 1680).

AUTHOR’S PROFILE

Dottore di ricerca in Storia della critica d’arte presso l’Università degli Studi di Genova, relatore a vari convegni internazionali e vincitore di alcune borse di ricerca (Romney Society Bursary, Fondazione Cini ) ha al suo attivo numerosi articoli scientifici relativi alla letteratura artistica fra XVII e XIX secolo, con particolare attenzione alla letteratura odeporica e ai rapporti artistici fra Liguria e Regno Unito nel XVII e XVIII secolo.

Giulia Savio – Università degli Studi di Genova

E-mail: giulia.savio@unige.it

 



[1] Per ulteriori approfondimenti si veda: Giulia Savio: La percezione della cultura figurativa di Genova nei viaggiatori del XVIII secolo: persistenze e assenze, in: Kunstgeschichte. Texte zur Diskussion, 2010.

[2] Sulla figura e per alcune notizie biografiche di Pietro Aldobrandini si vedano: Luigi Fumi: Il Cardinale Aldobrandini e il trattato di Lione, Unione Tipogr. cooperativa, Perugia, 1896 e Luisa Maria Dragoni: Riforma e restaurazione cattolica a Ravenna durante l'episcopato del Card. Pietro Aldobrandini (1604-1621); rel. Luigi Prosdocimi Milano: Universita Cattolica del S. Cuore, A.A. 1961-62.

[3] Per alcune notizie biografiche si veda: Antonio Favaro: Giovanni Battista Agucchi, C. Ferrari, Venezia, 1904.

[4] Sulla figura dell’alto prelato si vedano: Gaetano Lenzi: Vita di monsignor Giambattista Agucchi bolognese scritta da Gaetano Lenzi, Tip. Delle Belle Arti, Roma, 1850. Mentre sulla sua attività di mecenate e cultore di arti si legga: Andrea De Marchi: Scrivere sui quadri: Ferrara e Roma: Agucchi e alcuni ritratti rinascimentali, Centro Di, Firenze, 2004.

Sulla storia del manoscritto si veda Giulia Savio: Genoa: a stage of the Grand Tour, comparing the experiences of George Romney and other travellers, in: ROMNEY SOCIETY. Tansactions of the Romney society, 13, 2008, p. 24-37, in particolare nota. 45. È attualmente in corso di redazione da parte di Silvia Ginzburg un volume ricapitolativo sulla figura del prelato. Nel volume si dovrebbe fornire anche qualche novità sul manoscritto.

[5] Unpublished manuscript, folio format, foliated from 12 to 333 (fol. 279 repeated), starting with the title page on folio 12 recto; written on both sides in professional hand; with 24 marginal notes in light brown ink by Giov. Bandini, a diplomat in Aldobrandini's service 17th century flexible full vellum binding; on the spine, in brown ink, "Viaggi de' Card. Alessandrino Aldobrandino con note di D. Giov.i Bandino," and shelf mark CXXI in same ink; two other shelf labels pasted on spine; bookplate of Giannalisa Feltrinelli on the front pastedown. Modern pencil inscriptions on front and back endpapers; one on the front reads: Phillipps Ms. 6046. The title page (fol. 12) is the first leaf of the second fascicle. The first fascicle of 11 numbered leaves has been extracted since the Phillipps sale in 1913 (cf. Robin Halvas) There were a number of copies of Agucchi's diary in the libraries of the principal Italian families (now migrated mostly into public collections), the prototype version being considered the one at the Vatican (cf. Robin Halwas). Robin Halvas ltd. Catalogue Four The diary begins with a presentation of the political circumstances which motivated the diplomatic legation of the cardinal Pietro Aldobrandini. Its main objectives were the wedding of Maria de Medicis to the King of France Henry IV by proxy in Florence, followed by the marriage festivities in Lyons and the diplomatic negotiations for the peace treaty between France and the Duchy of Savoy. Giovanni Battista Agucchi was assigned to the cardinal's suite on behalf of his ailing older brother Girolamo as secretary in charge of his correspondence and of the travel account. The diary starts on 16 September 1600 with the departure of the legation from Rome. At every stop in a city, Agucchi sends also an account to his brother. Two weeks later, his papers are damaged in an accident while crossing the Alps towards Turin. He describes the accident and notes his decision to stop writing the diary and to continue sending his brother the travel accounts by messengers. He will send the damaged papers to Rome, and try to restore them after his return, when he will also integrate the original letters to Girolamo into the diary (fol. 83). The text continues to flow as an uninterrupted narration, in which the 34 letters are identifiable only by the bold date in their closing line. The last letter is dated from Rimini, on March 23, 1601 (fol. 327 verso). The author notes his decision to revert to hasty diary notes, some of which might have been written after his arrival in Rome on April 3rd, after a trip of six months and nine days Giovanni Agucchi was a clergyman, a member of the Accademia dei Gelati in Bologna, an erudite antiquarian and an art theorist. Interested in mathematics and astronomy, he corresponded with Galilei and wrote a treatise about comets. Provenance: Sir Thomas Phillipps collection, Ms. 6046. Sold at Sotheby's, London, May 23, 1913, lot 1091. Giannalisa Feltrinelli collection, Ms. 95

[6] Per una panoramica generale sulla percezione della città da parte dei viaggiatori si veda l’ottimo contributo: Paul Zumthor and Catherine Peebles: The Medieval Travel Narrative, in: New Literary History, 25, 4, 25th Anniversary Issue (Part 2), Autumn, 1994, p. 809-824. In particolare sulla percezione da parte degli anglosassoni si veda: Robert Lopez: The English and the Manufacture of Writing Materials in Genoa, in: The Economic History Review, 10, 2, Nov., 1940, p. 132-137.

[7] Fra cui spiccano i nomi di famiglie quali Colonna e Barberini, attualmente ho potuto rintracciare la settima copia esistente conservata preso la Newberry Library di Chicago, Fondo Manoscritti italiani. Sull’argomento sta svolgendo da alcuni anni ricerche Silvia Ginzburg. Al momento i suoi risultati sono in corso di redazione.

[8] Curiosamente nel MS non si fa mai riferimento al nome proprio del prelato ma a un più generale »Agucchio segretario del Cardinale«, ciò può, pertanto, far pensare ad un caso di omonimia, la paternità del manoscritto, da ascriversi ad uno dei due fratelli, è ancora una questione aperta.

[9] Alcuni di essi sono conservati presso la Biblioteca Apostolica vaticana, secondo Camillo Manfroni il prototipo del manoscritto dovrebbe essere quello conservato preso l’Archivio Vaticano. In seguito a ricerche da parte di chi scrive, tale manoscritto campione non risulta più essere in possesso dell’archivio, né della Biblioteca. Secondo alcune ipotesi formulate insieme alla Direzione dell’archivio si è giunti alla conclusione che il manoscritto genovese visionato da chi scrive potrebbe essere il prototipo analizzato dal Manfroni stesso. Egli, genovese, avrebbe potuto trasportarlo nel capoluogo ligure con facilità ai primi del Novecento.

[10] Una prima trascrizione del manoscritto, nella sua parte genovese, venne stilata da Paris Maria Salvago nel 1877 e pubblicata su Giornale Ligustico, IV, p. 263-288. Ne fa inoltre menzione, in particolare riferendosi ad un ipotetico manoscritto campione Camillo Manfroni: Nuovi documenti intorno alla legazione del Cardinale Aldobrandini tratti dall’Archivio segreto vaticano, in: Archivi storici romani, p. 101-124.

[11] Sulla percezione della Lanterna come primo elemento visivo nel corso dei sec. XVII e XVIII si veda: Giulia Savio: Genova e le sue emergenze monumentali e storico-artistiche attraverso le guide e la letteratura di viaggio. Tesi di Dottorato, Università di Genova, Marzo 2010 da cui il seguente saggio è tratto.

[12] Kevin Lynch: L'immagine della città, a cura di Paolo Ceccarelli, Marsilio, Venezia, 2001 (prima ed. 1969), p. 31. Lynch identificò, in questo saggio, che le persone percepiscono lo spazio urbano che frequentano o nel quale vivono attraverso elementi e schemi mentali comuni, creando le loro mappe mentali attraverso l'utilizzo di cinque categorie:

percorsi, strade, camminate, passaggi, ed altri canali utilizzati dalla gente per spostarsi;

margini, confini e limiti ben percepiti come mura, edifici, spiagge;

quartieri, sezioni relativamente larghe della città contraddistinte da caratteri specifici e da una propria identità;

nodi, punti focali della città, intersezioni tra vie di comunicazione, punti d'incontro;

riferimenti, oggetti dello spazio velocemente identificabili, anche a distanza, che funzionano come punto di riferimento ed orientamento.

L'attribuzione degli elementi urbani alle varie categorie non è da applicare in modo rigido; in ogni elemento considerato ci possono essere caratteristiche tali da poterlo collocare in diverse categorie.

A questi termini farò riferimento nel testo.

[13] Secondo il sistema ancora in uso dei Rolli.

[14] Ciò giustificherebbe la presenza di una copia dl manoscritto, ritrovata a Firenze e di cui, cfr nota 10, P.M. Salvago è in possesso. Evidente si tratta di un dono al suo antenato.

[15] Bolognese, si veda: G. Fetis: Biographie des musiciens, T. III, p. 209.

[16] Si riferisce alla valle del Bisagno.

[17] Su Genova come tappa del Grand Tour si veda: Savio, 2010 (come nota 11).

[18] Si riferisce ad Aldobrandini.

[19] Bartolomeo Paschetti: Le bellezze di Genova, dialogo del Signor Bartolomeo Paschetti nel quale si ragione del sito della città…, Genova, 1583, p. 7. Il testo è erroneamente citato da J. Von Schlosser come guida, in La Letteratura artistica, La Nuova Italia, Firenze, p.575.

[20] Cfr. nota 17.

[21] Piero Boccardo: L’età di Rubens, catalogo mostra, Skirà, Milano-Brescia, 2004, introduzione.

[22] Stampata a Tübingen presso Erhardo Cellio nel 1603. La parte relativa a Genova si trova a p. 86.

[23] Si veda per completezza: S. Nuvolari Duodo Valenziano: Vita privata di Rubens, De Ferrari ed., Genova, 2004. Si veda anche la scheda relativa al viaggio genovese di Rubens disponibile all’indirizzo: www.fosca.unige.it/odeporica, a cura di Sara Bosco.

[24] Tra i contributi più recenti, nazionali e internazionali, ricordiamo: Massimo Quercioli: I palazzi dei Rolli, Genova, Libreria dello Stato, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma, 2008. Piero Boccardo: Genova: i palazzi di Rubens. Foto di Piero Migliorisi, Mondadori Electa, Milano, 2006. AA.VV., Il restauro dei palazzi dei Rolli, Nardini, Firenze, 2004. Ennio Poleggi: L'invenzione dei rolli: Genova, città di palazzi, Skira, Milano, 2004. Giovanni Assereto: Tra i palazzi di via Balbi: storia della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Genova, Società Ligure di Storia Patria, Genova, 2003. Ennio Poleggi Genova: una civiltà di palazzi, Silvana Editoriale, Cinisello Balsamo, Milano, 2002. AA. VV., Architecture and sculpture, Miller, London, 2002. Peter Lombaerde: The reception of P. P. Rubens's "Palazzi di Genova" during the 17th century in Europe: questions and problems, Turnhout, Brepols, 2002. Ennio Poleggi: Una reggia repubblicana: atlante dei palazzi di Genova, 1576 – 1664, Allemandi, Torino, 1998.

[25] Simile al lotto, curiosamente nato appunto a Genova all’inizio del XVI secolo. Si veda: Aidano Schmuckher, La cabala genovese del Chiaravalle di Casamara: storia del lotto annedoti e curiosita genovesi. Genova, Antica tipografia Casamara, 1969

[26] P. Boccardo, Genova: i palazzi di Rubens. Foto di Piero Migliorisi. Milano, Mondadori Electa, 2006. AA.VV., Il restauro dei palazzi dei Rolli, Firenze, Nardini, 2004. E. Poleggi, L'invenzione dei rolli: Genova, città di palazzi, Milano, Skira, 2004. G. Assereto, Tra i palazzi di via Balbi: storia della Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università degli Studi di Genova, Genova, Società Ligure di Storia Patria, 2003. E. Poleggi: Genova: una civiltà di palazzi, Cinisello Balsamo, Milano, Silvana Editoriale, 2002. AA. VV.: Architecture and sculpture, London, Miller, 2002. P. Lombaerde: The reception of P. P. Rubens's "Palazzi di Genova" during the 17th century in Europe: questions and problems, Turnhout: Brepols, 2002. E. Poleggi: Una reggia repubblicana: atlante dei palazzi di Genova, 1576 – 1664, Torino, Allemandi, 1998.

[27] Questa definizione si deve a Kevin Lynch che la utilizzo per identificare alcuni aspetti peculiari dell’urbanistica americana. Lynch,2001 (come nota 12), p. 66.

[28] Charles L. Montesqueiu: Voyages, 1894, tratto da Addio a Genova, a cura di e tradotto da Pier Luigi Pinelli, Genova, 1993.

[29] Sul piano Barabino e le trasformazioni che portò alla città si vedano: Emmina De Negri: Ottocento e rinnovamento urbano. Carlo Barabino, Sagep, Genova, 1977, Mirko Grassi: Barabino a Genova, in: Itinerario di Domus, 60, 719, settembre 1990.

[30] Come suggerisce Claudio Costantini: La Repubblica di Genova, Utet, Torino, 1978: la Repubblica, nella sua parte borghese commerciale, proporrà vari cambiamenti nell’assetto urbano, modifiche mai avvallate dalla classe nobiliare dirigente ormai priva di finanziamenti ma ancora attiva e potente da un punto di vista meramente istituzionale.

[31] Si vedano le invettive, in pieno Novecento, del Soprintendente Orlando Grosso esposte in: Sciroccate, Casa editrice nazionale, Roma, 1928. Grosso sottolinea la necessità di conservare e valorizzare tale tratto di territorio che rischia di essere trasformato, come di fatto sarà, in periferia urbana dimenticata.

[32] Esiste, presso la Biblioteca Universitaria di Genova, una ricca produzione manoscritta riguardante la costruzione della nuova cinta muraria. Segnatamente: Genova – Fortificazioni Ms.B.V.7 p. 45, 55, 125 - Genova – Fortificazioni Ms.B.V.8 p. 255, 232, 259 - Genova – Fortificazioni Ms.B.V.22 p. 5, 39 - Genova – Fortificazioni Ms.E.V.6. Recentemente, ad opera di Cecilia Gallamini e Maria Clelia Galassi, sono state presentate presso il Convegno annuale dell’RSA (Los Angeles -2008) alcune nuove fonti sull’argomento recuperate presso l’Archivio di Stato di Genova, risultati in c.d.r.

[33] Fra i più significativi: Giovanni Faina: Ingegneria portuale genovese del Seicento, Firenze, 1969.

[34] Jean Tarde : A la rencontre de Galilée, Deux voyages en Italie (1614), Slatkine C.I.R.V.I., Ginevra, 1984, p.58.

[35] Fynes Moryson: Itinerary, Glasgow 1907 (1 edizione inglese, Londra 1617); The diary of John Evelyn, ed. A cura di A. Dobson, Londra 1906, I, p. 129-33.

[36] Giuseppe Marcenaro: Sagep Editrice,Genova, 1994, p. 25

[37] Per approfondimenti si veda: Savio, 2010, (come nota 1).

[38] Bernardo Morando: La Rosalinda, Piacenza, 1650, p. 235-38.

[39] Morando, 1650, p.237.

[40] Michael G. Brennan: Sir Charles Somerset's Observations on Continental Gardens in 1611 and 1612, in: Garden History, 20, 1, Spring, 1992, p. 1-10

[41] Sulla figura e sul suo impegno e rigore descrittivo in ambito odeporico si veda: Anton Giulio Barrili: Viaggi di Gian Vincenzo Imperiale, Tip. R. istituto sordo-muti, Genova, 1898

Si veda, nello specifico, sullo Stato Rustico: Augusta Lopez-Bernasocchi: Un poema del Seicento: Lo Stato rustico di Gian Vincenzo Imperiale, Olschki, Firenze, 1981.

[42] Esistono due versioni del volume che qui riporto:

Dello stato rustico di Gio. Vincenzo Imperiale In Genova: per Giuseppe Pavoni, 1607 e una successiva versione tascabile stampata a Venezia Lo stato rustico del sig. Gio. Vincenzo Imperiali In Venetia: appresso Evangelista Deuchino, 1613 (In Venetia: appresso Euangelista Deuchino, 1613)

[43] Sulla vita di Gio Vincenzo Imperiale si vedano: A.S.G., Notai Antichi, notaio G.L. Rossi, f. 7691. Inventario dei beni appartenuti a Gerolamo Balbi, 1651. Sull’Accademia degli Addormentati, cfr. R. Tommasinelli Gallo: Anton Giulio Brignole Sale e l’Accademia degli Addormentati, in: La Berio, XIII, 2-3, 1973, p. 65-74; M. Corradini: Genova e il Barocco, Vita e Pensiero, Milano, 1994; per la figura di Giulio Pallavicino, si veda: Edoardo Grendi: Inventione di Giulio Pallavicino di scriver tutte le cose accadute alli tempi suoi (1583-1589), De ferrari, Genova, 1975.

[44] L’Accademia de’ Mutoli è poco nota per una sintetica panoramica si veda: Andrea Lavaggi: Attività e propensioni scientifiche in Liguria nei secoli XVI E XVII, in: Balbisei, Ricerche Storiche Genovesi, 1, 2004.

[45] Imperiale, 1607, (come nota 42) p. 418.

[46] Si riferisce all’edizione di Ulm, 1627 in particolare le pagine di argomento genovese sono a p. 182-223, le tavole di soggetto ligure sono ai numeri: 7, 9, 10, 11, 15, 16, 17, 18, 20- 25, 27 e 28. Sull’argomento si veda: Lauro Magnani: Uno "spazio privato" nella cultura genovese tra XVI e XVII secolo, in: Studi di storia delle arti, 1978-79, p. 113-129.

[47] Segnatamente le pagine di argomento genovese sono identificabili in J. H. Pflaumern: Mercurius italicus, Lugduni, 1628 (1 ed. 1615), p. 167-177.

[48] Willem Blaeu, astronomo allievo di Tycho Brahe, fondò un'officina per la costruzione di globi nel 1599; quasi immediatamente iniziò a pubblicare anche carte geografiche, giungendo nel 1630 alla creazione del primo atlante "Atlantis Appendix" e cinque anni dopo, della prima edizione in due tomi del "Atlas Novus". Dopo la sua morte nel 1638, a cura del figlio Johan si giunse nel 1662 alla pubblicazione del celebre "Atlas Maior" in 11 volumi. Nel 1672 un incendio distrusse l'officina e segnò la fine dell'attività.

[49] John Raymond: An itinerary contayning a voyage, made through Italy, in the years 1646, and 1647. Illustrated with divers figures of antiquities. ...By Jo. Raymond London: printed for Humphrey Moseley, and are to be sold at his shop at the Princes Armes in St. Pauls Churh-yard, 1648, p.43

[50] Si veda, in questo volume, il capitolo note introduttive che propone le citazioni in oggetto. Richard Vassels: Voyage of Italy, Vincent du Moutier, Paris, MDCLXX, p. 81-82.

[51] Acquistò una copia da Botticelli nello specifico tale tavola un tempo nella Abdy Collection e in quella Benson, è oggi in una collezione privata americana, cfr. Nicoletta Pons: Botticelli: catalogo completo, Rizzoli, Milano, 1989, p. 86.

[52] Edward Chaney: The Grand Tour and the Great Rebellion. Richard Lassels and “The Voyage of Italy” in the Seventeenth Century, Genève, 1985.

[53] Chaney, 1985,(come nota 52) p. 11 passim.

[54] Edward Chaney: Evelyn, Inigo Jones, and the Collector Earl of Arundel, in: John Evelyn and his Milieu, ed. by Frances Harris and Michael Hunter, London 2003, p. 37.

[55] Chaney, 1985,(come nota 52), p. 142, 426 nota 93. Su John Clenche vedi infra, p. 110 sgg.

[56] La citazione da Raymond riguarda il giudizio dell’autore su Genova. Cfr. Raymond, 1648,(come nota 49), p. 43.

[57] In tutte appare, per Genova, la menzione alle ceneri e al catino di S. Giovanni conservati in Cattedrale.

[58] Lassels, MDCLXX., (come nota 50) p. 246.

[59] L’opera è ad esso attributa, si veda: Chaney, 1985,(come nota 52), p. 11. Su Lassels si inoltre la bibliografia in: Savio, 2010 (come nota 11).Il nome dell’autore è infatti assente dal frontespizio dell’edizione del 1676, ma in una delle due copie conservate presso la British Library una mano successiva ha aggiunto sotto il titolo “by name John Clenche” e, anche se il cognome è stato successivamente cancellato, risulta ancora leggibile.

[60] Guido Antonio Savelli: La guida sicura del viaggio d'Italia, 1680, p. 45.

[61] Si riferisce all’edizione: Appresso Pietro della Pace, Genova, 1668.

[62] Galeazzo Gualdo Priorato (conte): Relationi delle città Bologna, Fiorenza, Genova, e Lucca, con la notitia di tutte le cose più degne, e curiose delle medesime, Per Giacomo Monti, 1675. La parte relativa a Genova riguarda p. 229-235.

[63] Franciscus Schottus: Itinerario overo nuova descrittione de'viaggi principali d'Italia: dove si ... , 1650, p. 481.

[64] Recentemente ho potuto recuperare, presso la Biblioteca Universitaria di Genova, il manoscritto originale del testo che è attualmente in c.d.r.

[65] William Acton: A new journal of Italy, containing what is most remarkable of the antiquities of Rome, Savoy and Naples, London: Printed for R. Baldwin, 1691, la parte genovese si trova a p. 12-16. La figura di William Acton, medico, aristocratico e noto viaggiatore, è singolare. La famiglia si trasferirà definitivamente in Italia ( a Napoli e Firenze) nel corso del XVIII sec., per completezza sull’argomento e per una panoramica sulle collezioni artistiche e sullo spirito collezionistico si vedano: Russell Price: L. Arthur Burd, Lord Acton, and Machiavelli, in: Victorian and Edwardian responses to the Italian, ed. by John E. Law and Lene Østermark-Johansen. – Aldershot, Hants, Ashgate, 2005, p. 257-279; Martin Bailey: Dispute over Acton's villa goes to court: New York University, in: The art newspaper, 14, 2004, p. 8

[66] Dom Bernard de Montfaucon: Voyage en Italie – Diarium italicum: un journal en miettes, Slatkine, C.I.R.V.I., Ginevra 1987.

[67] Voyage de monsieur le prince de Conde en Italie A Paris: chez Oliuier de Varennes, au Palais, en la Gallerie des Prisonniers, pres la Chancellerie, au Vase d'or, 1666

[68] Ibidem, p. 127, 128. La parte relativa a Genova è alle pp.126-129, Conde approfondisce maggiormente la zona delle ville e dei giardini presso SanPier D’arena.

[69] Relazione al re di Francia su le cose di Genova del 1683, Ms E IV 29 c. 11, Biblioteca Universitaria di Genova. Di argomentazione simile troviamo, presso la medesima biblioteca i seguenti manoscritti: Genova - (Repubblica di) – Descrizione Ms.B.II.24 Genova - (Repubblica di) – Descrizione Ms.B.V.28

[70] Il cartiglio è conservato nella Collezione topografica del Comune di Genova (n. inv. 2104), esiste anche una copia del 1786 opera del capitano Giacomo Brusco, con alcuni aggiornamenti (ivi, n. inv. 1124).

[71] Sull’argomento esistono numerose monografie e studi, per brevità mi riferirò a quelli più significativi. Per una panoramica storica e sociale si veda: Edoardo Grendi: Albergo dei Poveri nella Genova del Seicento, in: Rivista Storica Italiana, LXXXVII, 1975, p. 638-644. Per un inquadramento storico artistico si veda: Elena Parma: Genesi e realizzazione di un reclusorio seicentesco: l’Albergo dei Poveri, in: Studi di Storia delle Arti, 1977, p. 103-120.

[72] Per dati specifici si faccia riferimento a Edoardo Grendi: Introduzione alla storia moderna della Repubblica di Genova, Bozzi, Genova, 1973 e 1976, p.55-6 e 70-6.

[73] Sull’argomento si veda l’ottimo contributo di Colette Bozzo: Medioevo demolito…, Pirella, Genova, 1990.

[74] Grendi,1973,(come nota 72), p. 89-102. Il drammatico avvenimento verrà riprodotto nella bella e grande opera a più lastre di Van Beecq e Fouard, dove si ammirerà una Genova isolata, chiusa fra le mura.

[75] Luigi Grossi Bianchi, E. Poleggi: La collina di Castello nella vicenda urbana di Genova, in: Controspazio, VI, 2, 1974, p. 33-47.

[76] Si veda la bibliografia generale dell’autore in Savio, 2010 (come nota 11).

[77] A. F. Ivaldi: Una speculazione edilizia a Genova (1700-1702). L’origine del teatro di Sant’Agostino, in: Critica d’arte, 150, 1976, p. 69-80. Bianchi, Poleggi,1974, (come nota 75), p. 33-47.

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Empfohlene Zitierweise

Savio G.: IL SEICENTO, ODEPORICA GENOVESE: DA GIOVANNI BATTISTA AGUCCHI A WILLIAM ACTON. ALCUNE CONSIDERAZIONI.. In: Kunstgeschichte. Texte zur Diskussion, 2010-13 (urn:nbn:de:0009-23-26482).  

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